Lo sviluppo della coscienza personale: l’unica via d’uscita

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Come non condividere le considerazioni di Gianni Tirelli raccontate in questo articolo pubblicato su Stampa Libera.

Se la gente fosse messa di fronte, quotidianamente, alle proprie responsabilità oggettive, saremmo tutti più attenti ed interessati a svolgere al meglio il nostro compito, qualsiasi esso sia.

Ma soprattutto saremmo più Liberi, e quindi più felici e appagati.

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2 risposte a Lo sviluppo della coscienza personale: l’unica via d’uscita

  1. gianni tirelli scrive:

    L’ENERGIA DALL’INFERNO – NECROFILIA E LO STERCO DEL DIAVOLO

    “Quando guardo alla storia sono pessimista, ma se guardo alla preistoria sono ottimista”
(I. C. Smuts)

    Questo branco di intellettualoidi dell’ultima ora, produttori di libri in serie infiorati di dotte citazioni, si comportano come se la conoscenza e la ricerca della verità fossero il risultato di studio e di letture. Sapere scrivere e leggere, sono basilari per accedere a un buon ragionamento, ma senza la pratica, la passione e l’avventura trascendente, tutto si riduce ad arido apprendimento, mera informazione e autoreferenza.
    Scienziati, filosofi, letterati, sociologi e antropologi, si domandano, sulle cause che hanno prodotto le nostre società moderne e dei loro effetti nefasti sugli individui (degenerazione, omologazione, necrofilia, deriva etica e morale) e sull’ambiente tutto.
    La risposta ad un tale interrogativo, va ricavata dalla lettura delle Sacre Scritture che, in forma di metafora, collocavano l’inferno al centro della terra, all’opposto del paradiso, situato nell’alto dei cieli.
    L’inferno, solitamente identificato con un mondo oscuro dominato dalle fiamme e dalle tenebre e sotterraneo, è collegato all’operato del Dio e della creatura superiore che ha originariamente introdotto nella Creazione l’errore, la menzogna, il peccato, e, in definitiva, “il principio distruttivo dell’ordine delle cose”. Tale creatura superiore si identifica nel diavolo – nella divinità del male. Il paradiso, diversamente, indica un luogo di piacere finale, sereno e non soggetto al trascorrere del tempo caratterizzato da pace e felicità.
    Questa differenziazione di merito fra le due dimensioni metafisiche (distinzione relativa, alla loro diversa funzione), non è casuale ma, terribilmente profetica, individuando nel sottosuolo terrestre (inferno: posto in basso) la causa della nostra condanna, mentre, nella zona aerea celeste, le ragioni, della nostra salvezza.
    Per tanto, l’errore (o peccato originale), che ha innescato questo processo degenerativo della coscienza umana, si consuma agli albori della Rivoluzione Industriale quando, in virtù delle nuove invenzioni, e dell’Energia necessaria al loro funzionamento, l’uomo (in maniera del tutto innaturale) ha rivolto la sua attenzione alle profondità della terra, mettendo così in atto quell’opera di profanazione e di violazione che, in seguito ne ha determinato la sua condanna. Se siamo in grado di dare un’interpretazione logica, corretta e conseguente alla narrazione biblica, riguardo a questo tema, possiamo dedurne il suo significato più remoto: l’Energia profonda è di natura maligna e quindi distruttiva, l’Energia alta, è di natura divina, creatrice e salvifica. L’inferno quotidiano che, oggi, sta divorando i residui barlumi di felicità e di speranza di un’umanità smarrita (defraudata da ogni principio etico e morale e avvolta dalle tenebre di una persistente paura esistenziale), è l’ovvia conseguenza indotta dal superamento dei ragionevoli limiti, fuori dai quali, ogni felicità trasfigura in orrore. Questa subdola “modernità “ne è la conferma inopinabile – la prova del nove che prescinde da ogni altra considerazione. Petrolio, gas, carbone e minerali/materiali radioattivi che (come in preda ad un’arsura nevrotica) abbiamo sottratto, senza sosta, al sottosuolo terrestre, sono la rappresentazione iconografica dello “sterco del Diavolo”, in cambio del quale abbiamo barattato la nostra anima e il futuro delle nuove generazioni.
    Abbiamo scoperchiato il “vaso di Pandora” e liberato quella maledetta energia che, la Volontà creatrice aveva, da sempre, sotterrato e imprigionato sotto i nostri piedi. Così ogni cosa è stata contaminata e violata; ogni acqua, ogni terra e ogni aria. Il cuore dell’uomo si è incenerito sotto la luce rovente della modernità e, le passioni, i sentimenti, le emozioni, atmosfere e i sogni, si sono dissolti come fumo nel vento. Avremmo dovuto rivolgere il nostro sguardo al cielo, sull’esempio delle grandi e illuminate civiltà del passato, e seguirne il cammino intrapreso, con la necessaria umiltà, deferenza e il dovuto timore.
    La Rivoluzione Industriale, si è presto trasformata in una rovente fucina dove, Satana in persona, a forgiato a sua immagine e somiglianza, l’originaria natura umana depotenziandola da ogni slancio creativo e passionale.

    Oggi, il problema per l’uomo sta nel fatto che l’ordinamento sociale umano non è adeguato alle sue reali potenzialità e quindi non favorisce la sua autenticità.
    È interessante la conclusione di Erich Fromm quando afferma che, così come esiste una “follia a due”, esiste anche una “follia a milioni”. Il fatto che milioni di individui condividano gli stessi vizi non fa di questi delle virtù e quindi, nel caso, milioni di persone condividono la stessa società e le stesse patologie.
    Una società sana deve insomma sviluppare quelle condizioni che possano promuovere la salute mentale e quindi favorire prospettive, progetti ed obiettivi, sostenendo la tendenza dell’uomo ad amare i propri simili, anziché creare condizioni di divisione e di competizione.

    L’aggressività maligna è quella che induce alla spinta distruttiva-aggressiva ben spiegata, da Fromm, nell’atteggiamento del sadico, il cui desiderio è trasformare una persona in un oggetto, in un elemento di possesso, su cui esercitare la propria volontà dispotica e oppressiva. Per il sadico, l’annientamento dell’altro, è la gioia più grande che va oltre il piacere di infliggere sofferenza. In quest’ottica si delinea quindi quello che Fromm definisce, un atteggiamento necrofilo dove, la tendenza di vita (insita nel biofilo) viene progressivamente ridotta fino a farla diventare inanimata; questo amore e questo tendere verso l’inanimato viene definito da Fromm, necrofilia.
    Quello che emerge dall’analisi di Fromm è che l’aggressività e la distruttività umana risentono delle condizioni ambientali in cui l’individuo nasce, cresce, matura e, della struttura, del sistema sociale stesso. Da qui le risposte potenziali sono due: la prima è la sindrome alla vita; ma quando viene soppresso e alienato, l’altra risposta che l’uomo è in grado di dare, è di tipo distruttivo, regredendo verso stadi inferiori e volgendo alla necrofilia che porta inesorabilmente alla sindrome che ostacola la vita.
    Lo stesso “Futurismo” si offre all’era elettromeccanica e aderisce alla storicizzata avversione, di stampo “barocco”, verso una “natura” naturale intrasformabile Sarà proprio l’amore incondizionato verso la natura artificiale (in qualche modo privata dei suoi attributi vitali), a far insorgere, in uno studio di Erich Fromm, Anatomia della distruttività umana, il sospetto che Marinetti, insieme ad altri famosi casi analizzati come Hitler o Churchill, fosse affetto da tensioni necrofile.
    La necrofilia può essere descritta come l’attrazione per tutto quanto è morto, putrido, marcio, malato; l’impulso volto a trasformare quel che è vivo in qualcosa di non vivo; di distruggere per il piacere di distruggere, l’interesse esclusivo per tutto quanto è puramente meccanico. E’ la passione di “lacerare le strutture viventi”. Secondo Erich Fromm la necrofilia si manifesta con l’amore per le macchine, per tutto ciò che non è vivo – l’avversione per le persone, gli odori, i sapori, i colori, e per tutto ciò che ricorda la vita.
    La tecnica, che rappresenta la base su cui poggia l’organizzazione dei sistemi industrializzati, è strettamente legata alla spinta distruttiva della necrofilia. L’escalation della capacità distruttiva delle armi e la possibilità di evitare il contatto fisico con la vittima offerta dal progresso scientifico, rende profondamente impersonale il dare la morte ad un altro essere umano, specialmente in caso di guerra. Fromm ipotizza il caso estremo di un soldato addetto a sganciare una bomba nucleare da un aeroplano: la consapevolezza dell’atto di uccidere è quasi inesistente, e la differenza fra la morte di una, dieci o un milione di persone (non essendo percepibile dall’esecutore), non ha nessuna rilevanza; il compito del soldato si riduce all’utilizzo corretto di una macchina (la macchina viene servita), senza che scrupoli di altro genere interferiscano a livello della coscienza. Con la “tecnicizzazione della distruzione” avviene la rimozione del “riconoscimento affettivo completo per quello che si sta facendo” e perciò la sua razionalizzazione.
    All’interno della società di massa, la necrofilia subisce una specie di evoluzione. La sua correlazione con le percezioni sensoriali dirette come l’olfatto, il tatto, il gusto diventa sempre più modesta, fino a scomparire del tutto. Gli interessi dell’uomo si trasferiscono da ciò che è naturale, spontaneo, vivo ed umano, a ciò che è artificiale, meccanico, divertente ma non gioioso La sessualità diventa una capacità tecnica, i sentimenti sono appiattiti e talvolta sostituiti col sentimentalismo.
    Il controllo assoluto dell’ambiente circostante, bramato dal necrofilo, finalmente è raggiunto, grazie alla tecnica, ma esso si espande a tal punto da inglobare la vita stessa dell’individuo, che a sua volta verrà controllato dalle macchine da lui create. Il carattere distruttivo dell’uomo, assume dimensioni planetarie, paradossalmente proprio per colpa dell’aumentare della sua conoscenza tecnica. Una distruttività che non si limita al presente, ma che è rivolta a un ipotetico futuro.
    L’uomo cibernetico sviluppa ulteriormente il suo narcisismo, diventando egli stesso uno strumento per raggiungere il successo, e quindi, intensificando verso l’interno, l’investimento libidico ma, allo stesso tempo, egli allarga il proprio Sé, su una realtà solo virtuale (come diremmo oggi), su cui riversare gli impulsi narcisistici.
    Si instaura così un altro rapporto simbiotico di dipendenza in cui, la madre dell’uomo non è più la natura, ma quella ‘seconda natura’ che egli si è costruito; le macchine che lo nutrono e lo proteggono”.

    La biblica mela, che in maniera subdola e seducente, il serpente demone, offre alla coppia Adamo ed Eva, venendo meno, così, ad un patto verbale stipulato con il loro Creatore, è la metafora inequivocabile dei nostri tempi. Il mondo moderno, è l’ovvio risultato della profanazione del mistero della vita, sulle cui basi ha edificato il suo impero perverso fatto di menzogna, contraffazione, paura e relativismo. Il mistero violato, è paradigma di infedeltà verso l’impianto etico, e di vanesio narcisismo di un Ego corrotto che, nell’incomprensione arbitraria del Disegno Divino e delle attenuanti addotte, degenera, da peccato, in reato grave per alto tradimento. Un peccato dunque imperdonabile che, per la sua unicità e la straordinaria gravità, ha contemplato una pena esemplare e senza sconti. Il bisogno di amore e di amare di Cristo, é certamente di natura divina, logico risultato di una sensibilità sconfinata che, in ogni gesto, in ogni soffio di vento e in ogni parola, poteva cogliere, leggere e interpretare in forma profetica, futuri accadimenti, eventi e catastrofici mutamenti
    Gli uomini di quest’epoca insensata, inariditi nell’animo e nello spirito e, ammaliati dalle lusinghe di sirene indolenti, si sono prostrati, al pari di idolatri, al cospetto di un Sistema Bestia, che sotto le sembianze del buon samaritano cela, ad arte, la sua natura mefistofelica. Oggi la scienza arida e opportunista, ha fatto scempio di ogni valore e principio etico, barattandoli e mercificandoli in cambio di illusione e vane promesse e relegando l’umanità, nel crepuscolo di un limbo gelatinoso, svuotando gli uomini da ogni loro oggettiva e arbitraria responsabilità e prospettiva. Si, abbiamo scoperchiato il vaso di Pandora, e di nuovo, la metafora profetica ritorna, come uno spettro, ad oscurare l’orizzonte del nostro futuro. Questa Energia che tanto esaltiamo e che contro ogni logica e ragionevolezza, vorremmo imprigionare, imbrigliare per soddisfare debolezze, perversioni e dipendenze, è il paradigma della fine di un’umanità snaturata, svuotata della sua originaria essenza.

    La sola Energia di cui abbiamo bisogno, va ricercata nella nostra volontà, nella forza, delle nostre braccia, nello spirito di solidarietà e nel comune buon senso. Siamo privi di quella passione che, da sempre, ha motivato e caratterizzato ogni azione umana, liberandoci dalla paura e riconciliandoci con il mistero della vita. Il futuro dei nostri figli, non risiede negli inferi del sotto suolo terrestre, ma è li, sopra le nostre teste, nel vento che accarezza le foglie degli alberi e nella calda luce del sole che riscalda i nostri cuori.

    Gianni Tirelli

  2. gianni tirelli scrive:

    IL CIBO COME SINONIMO DI FELICITA’ – NON CURARSI PER CURARSI

    “Per definirsi civili, le nostre società devono smettere di consumare, come ad un fumatore, a cui è stato diagnosticato un cancro, di fumare, e ad un etilico, di bere”.

    Il primo passo, sta nel riconvertire “l’industria agro alimentare”, nella semplice locuzione, “agricoltura biologica”. In realtà, “industria agro alimentare”, non significa nulla – una vera bestialità; quel subdolo esercizio di illusionismo, oggi molto in voga, che in veste di ossimoro, intende sdoganare il concetto di Male, affiancandolo al suo opposto. Alcuni esempi interessanti: certezza scientifica – progresso tecnologico – acqua privata – vita artificiale – nucleare pulito – società dei consumi – finanza etica – cattolico divorziato – verità relativa – i ghiacciai perenni si stanno sciogliendo –
Nel nostro caso, l’Industria rappresenta la morte e, “agro alimentare”, la vita.
Parlo di due dimensioni distinte, opposte e contrapposte che, per logica e natura, si respingono e si combattono. Ogni sforzo finalizzato a fonderle fra loro (in virtù di perverse logiche volte all’interesse particolare e al potere), produce, come risultato ultimo, l’azzeramento di ogni punto di riferimento e oggettivo parametro di giudizio e di comparazione, in mancanza dei quali, ogni confine etico e morale, viene superato, azzerando in noi, la capacità di separare il giusto dall’iniquo, la verità dall’impostura, la libertà dalla licenza e la luce dalle tenebre.
Questo discorso, per stringente logica, vale anche per l’alimentazione dove, il consumatore, ha perso quella connaturata competenza (dettata da uno spirito di sopravvivenza congenito) che, un tempo, gli permetteva di discernere il salutare dal nocivo e l’originale dalla contraffazione.

    La perdita della libido e della fertilità, sono la logica conseguenza di una qualità della vita a caduta libera. La moderna alimentazione, contraffatta e adulterata, è priva di ogni naturale fattore nutritivo, rigenerante e psicotropo, in sostituzione dei quali, sono stati aggiunti elementi dopanti, coloranti, conservanti, aromi, sintetici e cancerogeni. Tutti questi intrugli diabolici, misti a stress, problemi psichici, neurologici e inquinamento, si accaniscono sulle naturali e necessarie funzioni fisiologiche, fino ad azzerarle. Assenza di consapevolezza e dei necessari parametri di discernimento, spingono gli individui a disertare ogni oggettiva capacità di scelta personale, delegando così, al Sistema, ogni loro responsabilità, etica e morale e precludendo, in seguito, la possibilità a qualsiasi reale vantaggio, pratico, pragmatico e culturale.
La stragrande maggioranza degli individui, delle società moderne, nell’arduo esercizio di acquistare un prodotto, fra le mille, esposti in bella vista sugli scaffali dei supermercati, non è in possesso di alcun reale parametro di riferimento al fine di addivenire ad una scelta oggettiva. Possiamo, inoltre, tranquillamente affermare che oltre il 90% di questi prodotti è il risultato di una contraffazione sistematica, divenuta pratica quotidiana e che, negli ultimi due decenni, si é attestata a carattere dominante di un’illegalità assurta a diritto e quindi, non punibile.
E’ in base al prezzo, e alle suggestioni indotte dall’etichetta, che ognuno, poi, deciderà quale prodotto acquistare. E non per altro!
Oggi, un tale atteggiamento (di chiaro stampo relativista), lo possiamo applicare a qualsiasi cosa, che siano beni materiali, stati emotivi e comportamentali o sentimenti.
Cosi, con la stessa alchimia, la gente si fidanza, convive e si sposa – e poi si lascia, si separa e divorzia. In verità, nessuno conosce veramente le motivazioni che hanno concorso all’unione, ne tanto meno i motivi del distacco.
Questo per fare capire che, l’uomo moderno, generato del liberismo consumista, è totalmente privo degli inossidabili punti di riferimento del passato; di quei valori e principi etici, indispensabili al fine di comprendere e definire la qualità di un prodotto da banco e la profondità di un sentimento.
La consapevolezza dei nostri reali bisogni e la competenza nel trovare le giuste soluzioni ai nostri problemi, è quel meccanismo che ci rende uomini (a tutti gli effetti), in grado di mantenere gli impegni presi, sia con gli altri che con noi stessi. Relativizzare la verità, è una pratica che porta all’autodistruzione e ci confina in un limbo gelatinoso di paranoia, frustrazione e solitudine. Per tanto, prima di pensare, dobbiamo agire essendo, la pratica, il solo strumento idoneo per affinare il pensiero positivo. Tutto il resto, si traduce in inconcludente introspezione, disagio psichico, rancore e infelicità.
Ciò di cui ci alimentiamo, dunque, è basilare per la nostra felicità! Nel buon cibo di un tempo, erano contenute particolari sostanze (o droghe endogene), ad alto contenuto nutrizionale, indispensabili per regolare meccanismi di sopravvivenza come l’alimentazione o la riproduzione, che agivano sull’umore e sul tono muscolare, dispensando forza e vigore – e tutto si traduceva in gioia, autostima e sicurezza. Il cibo prodotto con la forza delle braccia, coltivato con amore, sapienza, e nel rispetto, delle regole di una tradizione millenaria, era benedetto da Dio e alimento di speranza. Oggi, l’alimentazione prodotta e commercializzata dall’industria della Grande Distribuzione, è il risultato di una lavorazione meccanica e necro-tecnologica, praticata nel più totale disprezzo, di ogni regola passata, a fronte di un facile e veloce guadagno (fast gain) (Prodotti OGM, pompati e stressati, alterati profondamente nei loro caratteri originari). Quei pochi ed eroici agricoltori che, ancora oggi e contro ogni logica e vantaggio, si prodigano, con dispendio di mezzi ed energie nel perseguire il cammino della qualità e della buona salute, devono soccombere, schiacciati dallo sporco gioco al ribasso dei prezzi di mercato, imposti dalle multinazionali del “Cibo Morto”. Dal canto loro, i consumatori, che potrebbero fare la differenza, in verità, non sono in possesso, di alcun termine di giudizio critico tale da potere codificare il prodotto biofilo dal necrofilo. Si rivolgono così alla Grande Distribuzione, acquistando quanto di peggio si trovi sugli scaffali del supermercato. Certo, la condizione economica non aiuta! Ma se si rinunciasse al superfluo, all’effimero e al voluttuario, e la smettessimo di inseguire le chimere, di una pubblicità canaglia, potremmo investire questi risparmi, sulla qualità di una vita più sostenibile e quindi, più sana e felice. Oggi, questa infelicità, si ripercuote sulla nostra vita quotidiana, e sulla società tutta, alterandone i rapporti e condizionando affetti, sentimenti ed emozioni. Tutto questo è relativo ad un disagio cronico e frustrante che annulla in noi ogni sentimento di solidarietà umana e di speranza futura, surrogando invidia, rancore, contrasto e odio. La xenofobia e del resto il razzismo, non sono, che il prolungamento di una profonda infelicità di base, a tal punto frustrante, da rasentare la disperazione.
Se vogliamo sopravvivere al “Sistema Bestia”, dobbiamo liberare l’agricoltura da ogni rapporto con l’industria e, la politica, dagli imprenditori. Nessuna sostanza chimica deve più contaminare i naturali prodotti della terra. Fertilizzanti, diserbanti, pesticidi, coloranti, conservanti, dopanti, aromi e affini, devono sparire per sempre dal nostro vocabolario alimentare. L’industria chimica, la peggiore fra le moderne calamità, deve chiudere i battenti, per sempre. Lo stesso ragionamento vale per la politica!
    I due grandi peccati mortali, e per questo imperdonabili, della nostra democrazia, sono stati:
a) La privatizzazione della TV, nelle mani di commercianti senza scrupoli.
b) Avere data loro la possibilità di entrare in politica.
Questo spiega l’origine del sincretismo diabolico fra politica, potere economico e la criminalità organizzata.
Ci vuole una legge (priorità assoluta), che vieti categoricamente a questi personaggi di approdare nel nostro parlamento, per evitare, che il bipolarismo (come da noi), si trasformi in uno scontro impari, tra il potere dei privati e i loro interessi, e lo stato di diritto.
In questo modo, ogni forma di speculazione verrebbe vanificata, e smantellate le concentrazioni di potere che, da troppo tempo, condizionano le regole del mercato a scapito di produttori e consumatori. Questa, che è la parte marcia della filiera alimentare, deve essere asportata come un cancro maligno, per essere integrata dal lavoro pulito di migliaia di persone che, dall’industria della chimica, si riversano nell’agricoltura tradizionale. Il prezzo di ogni prodotto, deve essere deciso all’origine dal produttore che, finalmente, comincerà ad assaporare i frutti della sua fatica. Questa operazione di bonifica (o meglio di “derattizzazione”) innescherà fiducia e voglia di fare meglio, con beneficio dei consumatori. Tutti quegli intermediari parassiti, un tempo in affari con l’Industria agro alimentare, svaniranno magicamente e, costretti a rimboccarsi le maniche, comprenderanno il sacrificio per un onesto e dignitoso guadagno.
    Una prima, buona e salutare regola, praticata nei millenni come cura per i nostri quotidiani malesseri, siano essi, dolori articolari, cefalgie, disturbi gastrici, stati influenzali e affini, consisteva nell’aspettare il decorso della malattia fino al suo naturale esaurimento. “Non curarsi per curarsi”
In questo modo, il nostro organismo (essere cosciente in ogni sua cellula), era in grado di comprendere consapevolmente ogni passaggio dell’iter della malattia e, in virtù di una tecnica connaturata ne memorizzava i motivi e le cause per poi convogliarli nell’infinito bacino della coscienza di base. L’individuo era, prima di ogni cosa, il medico di se stesso che in virtù di un tale potere, era in grado di gestire la sua salute e integrità fisica.
Quella che oggi, in forma strumentale, viene definita “la medicina moderna”, destabilizza questo processo naturale, interrompendo il corso della malattia e accanendosi in maniera ossessiva sui sintomi, eludendone le cause.
La propaganda mediatica “a tambur battente” su un uso indiscriminato dei farmaci, ha ridotto ai minimi la soglia sopportazione del dolore, così da rendere gli individui, dipendenti e schiavi delle multinazionali farmaceutiche che, sulla nostra pelle, accumulano profitti stratosferici.
I moderni farmaci, sono delle piccole bombe ad orologeria, e gli effetti delle loro controindicazioni alterano irrimediabilmente i sofisticati meccanismi che regolano il nostro organismo, degenerando in tumori e mandando in corto il nostro sistema nervoso.
Nello spot del “Voltaren” (farmaco propagandato dalle reti televisive, in grado di curare – sostengono – i dolori articolari e il torcicollo), si dichiara testualmente: “Sono farmaci che possono avere effetti indesiderati, anche gravi”. Per un semplice torcicollo? Negli effetti gravi collaterali dell’Aulin, si parla di emorragie gastriche che possono portare alla morte. In molti psicofarmaci è bene evidenziato il fatto che possano, in alcuni casi, portare al suicidio. E questo vale per un buon 99% di questi inquietanti rimedi.
Non sapremo mai, del resto, quante emorragie gastriche o suicidi, siano da mettere in correlazione con l’uso di questi farmaci, ma è facile immaginare la loro potenziale pericolosità.
Se non ci liberiamo della chimica e dei suoi intrugli diabolici, per dare fondo alle nostre ultime risorse vitali e finalmente, in un moto di vero orgoglio, rovesciamo il tavolo sgombrandolo da tutte le effimere, illusorie, inutili e micidiali menzogne che il sistema ci spaccia al pari di miracolose droghe, avremo perso per sempre la nostra libertà e come schiavi, invalidi e accattoni saremo costretti ad elemosinare conforto, fra le braccia del nostro carnefice.
    Gianni Tirelli

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