Educare deriva dal latino ex-ducere. Significa “condurre fuori“, ovvero “far venire fuori“. Educare qualcuno vuol dire perciò far venire fuori da lui ciò che e’ dentro di lui, aiutarlo a individuare e far emergere i propri talenti.
In altri termini, vuol dire aiutare qualcuno ad esprimere se stesso, ad essere quello che è, a comportarsi in modo conforme alla propria personalità.
In pratica l’educazione sarebbe esattamente il contrario di ciò che nel gergo comune si intende con questa parola, sarebbe un “far uscire” e non un “mettere dentro”, sarebbe un rafforzare la personalità del educando e non uniformarla (forgiarla addirittura, dicevano i fascisti), sarebbe un rispettarne l’ originalità e non il costringerla in un modello.
Ne conseguirebbe che le norme valide per ogni individuo possono essere soltanto quelle che l’ individuo stesso si dà, quelle che l’individuo stesso elabora e che decide, in modo autonomo, di adottare come guida dei suoi propri comportamenti.
Le altre, quelle imposte dall’esterno, non hanno validità alcuna. Alle volte vengono accettate, anche seguite, ma per paura o per convenienza. Sicuramente non perché hanno in qualche modo cambiato una persona. “La legge non ha mai fatto diventare onesto nessuno”, diceva tempo fa un magistrato.
Aiutare qualcuno a essere e ad esprimere se stesso, dicevamo. Ma come ? Pare che ci siano due strade sole. La prima sarebbe quella di permettere all’individuo di arricchirsi, di sviluppare le proprie doti, di imparare, dunque di accumulare, esperienze. La seconda sarebbe quella di essere noi medesimi, noi educatori, quello che in effetti siamo, con lealtà, senza recitare una parte, in maniera tale da fornire all’altro, al educando, una entità umana cui fare riferimento, con cui misurarsi ed eventualmente confrontarsi: l’antico e sempreverde “buon esempio”, mai obbligatorio da seguire ma obbligatorio da dare.
Una componente ambientale umana che mostri all’individuo il rispetto per tutti, la comprensione, l’accoglienza altrui, la sobrietà, la solidarietà, la giustizia, è educativa. Un ambiente che imponga le stesse virtù mediante la legge non lo sarà mai.
Una educazione basata sul buon esempio e non sull’imposizione sarebbe una gran bella cosa, sia per gli educandi che gli educatori. Gli uni e gli altri scomparirebbero dal vocabolario, perchè se e’ vero che l’adulto può aiutare il bambino a evolvere e a dare il meglio di se, parimenti è vero che il bambino può “aiutare” l’adulto gratificandolo coi risultati evolutivi acquisiti.
Tutti saremmo educatori ed educandi insieme, nessuno starebbe sopra e
nessuno sotto, e forse una qualche possibilità di miglioramento della
condizione umana spunterebbe al nostro, per ora desolato, orizzonte.
Una educazione cosi’ concepita non si porrebbe il fine di far diventare tutti eguali fra loro e ai loro predecessori, servi e padroni allo stesso tempo, soggiogati ad un unico potere sovra-umano e disumano, ma si porrebbe il fine della diversità e unicità paritetica dell’individuo e soprattutto la dissoluzione del Potere. Condizione questa imprescindibile per la nostra sopravvivenza come persone.
Una educazione così concepita sarebbe semplicemente … un atto d’Amore.
(tratto da “Educare deriva dal latino ex-ducere” di Marcello Bernardi)
Alcuni link sull’argomento: