DI PAUL KINGSNORTH
globalonenessproject.org
“Per poter capire il mondo, a volte bisogna voltargli le spalle”.
Albert Camus
Quando ero piccolo, volevo essere un eremita. In particolare riesco a ricordare uno strano desiderio latente di vivere per qualche anno da solo in una pineta. Perché una pineta? Non ne ho idea, in realtà. Non ho mai veramente passato del tempo in una vera pineta (in contrasto con le file serrate di pini piantati a strati sulle colline nel Nord dell’Inghilterra). Ma era lì che volevo essere. Potevo immaginarmi a dimorare nel cuore oscuro e umido di una pineta. La vita lì, lo sapevo, sarebbe stata più intensa, più magica, rispetto a casa.
Per un periodo, essendo un bambino romantico e fantasioso, ho accarezzato l’idea che il mio desiderio di essere circondato da pini fosse dovuto al fatto che nella mia vita precedente ero stato un vichingo. Ero affascinato dai vichinghi: i loro dei, le loro rune e la magia nera della loro fredda cultura dei fiordi. A ripensarci adesso, credo che sia più probabile che la causa principale fosse un’overdose di Tolkien, seguito poi da Stephen Donaldson e Ursula Le Guin. C’erano tanti stregoni nella mia infanzia.
Ma al di là dei vichinghi, c’era qualcos’altro: qualcosa riguardante lo stare solo. Perché un bambino, poi giovane adolescente, dovrebbe essere un eremita? Non è il contrario di ciò che gli adolescenti dovrebbero volere: compagnia, feste, gente? Non penso di aver mai saputo cosa volessero i teenager, ma non volevo nessuna di quelle cose. Volevo essere come lo Sparviero di Ursula Le Guin, che vive da solo in una capanna sulle colline, divinando i misteri del mondo oltre la vista. La vita di un capraio Gontish mi sembra ancora molto piacevole.
Il mio vecchio contribuì a spingermi in questa direzione, totalmente contro la sua volontà o intenzione. Continua a leggere